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Doveri del datore di lavoro nei luoghi caldi: cosa prevede la normativa e cosa serve fare in estate

 

L’estate 2025 si sta rivelando tra le più estreme degli ultimi decenni: temperature elevate, picchi di umidità, condizioni di forte irraggiamento solare e ondate di calore frequenti e prolungate stanno mettendo sotto pressione imprese, lavoratori e responsabili della sicurezza. 

A Milano, Melzo e in tutta la Lombardia, come nel resto del Paese, la gestione del rischio caldo è diventata una priorità reale e urgente. In questo scenario, Soterikon, realtà specializzata in consulenza per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, affianca le aziende nell’affrontare questo periodo critico con strumenti aggiornati, assistenza normativa e soluzioni concrete.

Ma cosa prevede la legge per i datori di lavoro in presenza di temperature elevate? Quali sono gli obblighi, le responsabilità e le misure che devono essere attuate per garantire la protezione dei lavoratori? E come ci si deve comportare durante un’estate che, come quella attuale, impone un intervento immediato, strutturato e documentabile?

 

 

 

Il quadro normativo: il D.Lgs. 81/2008 e la centralità dell’articolo 28

La normativa italiana in materia di sicurezza sul lavoro impone, da anni, l’obbligo per ogni datore di lavoro di valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro. Tra questi, il rischio microclimatico, e in particolare quello associato all’esposizione al caldo e alla radiazione solare, è oggi uno degli aspetti più rilevanti e sotto osservazione.

Secondo l’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro deve procedere a una valutazione completa e aggiornata di ogni rischio che possa compromettere la salute e la sicurezza dei lavoratori, inclusi i fattori ambientali. Questo implica che il calore estivo – soprattutto quando supera soglie critiche – non può essere considerato un rischio “naturale” o inevitabile, ma deve essere oggetto di analisi, misurazione, prevenzione e, se necessario, mitigazione.

Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) deve quindi includere in modo esplicito la componente climatica, con riferimento a parametri come temperatura dell’aria, umidità relativa, ventilazione, esposizione solare diretta e presenza di superfici calde o riflettenti. La valutazione deve tener conto anche dell’intensità dell’attività fisica richiesta, del tipo di mansione, della durata dell’esposizione e delle condizioni specifiche di ciascun luogo di lavoro. In molti casi, si rende necessario l’utilizzo di indici di stress termico come il WBGT (Wet Bulb Globe Temperature), utili a quantificare il rischio caldo in modo oggettivo.

Questa valutazione deve essere aggiornata ogni qualvolta cambino le condizioni operative o ambientali, e in particolare durante l’estate, quando i picchi termici possono rendere inadeguate le misure già previste.

 

Le misure obbligatorie: prevenzione, protezione, sorveglianza sanitaria

A fronte di un rischio accertato o potenziale, il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire o ridurre il danno. Questo significa, innanzitutto, modificare l’organizzazione del lavoro: nelle giornate più calde, la pianificazione delle attività deve essere rivista per evitare che le mansioni più gravose o esposte vengano svolte nelle ore centrali della giornata, solitamente comprese tra le 12:30 e le 16:00. La rimodulazione degli orari è una misura riconosciuta a livello normativo e raccomandata da enti quali l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, INAIL e INPS.

Un altro obbligo fondamentale è la predisposizione di pause regolari e frequenti in luoghi protetti, freschi e ombreggiati. Le pause non devono essere intese come una concessione straordinaria, ma come parte integrante della tutela della salute, da programmare in base alle condizioni meteo e all’intensità del lavoro svolto.

Il datore di lavoro deve inoltre garantire in ogni momento l’accesso all’acqua potabile fresca, promuovendo l’idratazione regolare dei dipendenti e vigilando sul rispetto di questa regola. In aggiunta, è necessario fornire dispositivi di protezione individuale adeguati, come indumenti leggeri, traspiranti, copricapo, occhiali da sole con filtri UV e, in alcuni casi, anche crema solare protettiva per i lavoratori esposti ai raggi solari diretti per lunghi periodi.

L’organizzazione del lavoro deve poi prevedere un sistema di rotazione degli incarichi o delle postazioni in modo da ridurre il tempo di esposizione di ciascun lavoratore, specie nei contesti più critici, come i cantieri stradali, l’edilizia, la logistica esterna o le attività agricole. In caso di attività che comportino l’uso di DPI pesanti o ingombranti, come tute ignifughe o dispositivi anticaduta, il rischio caldo viene ulteriormente amplificato e va trattato con attenzione ancora maggiore.

 

Il ruolo del medico competente

Non meno importante è il tema della sorveglianza sanitaria. Il medico competente deve essere coinvolto nella valutazione del rischio e deve esprimere un giudizio sull’idoneità dei lavoratori, tenendo conto delle condizioni fisiche individuali, di eventuali patologie pregresse o croniche, dell’età e di altri fattori che possano aumentare la vulnerabilità al caldo. La normativa impone che questa sorveglianza non sia generica, ma specifica per il rischio considerato. In presenza di soggetti particolarmente a rischio, il medico può raccomandare limitazioni o riassegnazioni temporanee.

 

Il Protocollo Caldo 2025: le indicazioni del Ministero del Lavoro

Nel mese di luglio è entrato pienamente in vigore il Protocollo Caldo 2025, un documento siglato presso il Ministero del Lavoro con l’obiettivo di fornire linee guida uniformi e aggiornate per la prevenzione del rischio da calore nei luoghi di lavoro. Questo protocollo rappresenta il tentativo di armonizzare le prassi operative, le raccomandazioni tecniche e le esperienze maturate negli anni precedenti, trasformandole in un sistema condiviso di interventi.

Il documento ribadisce la centralità della formazione e informazione dei lavoratori e dei datori di lavoro. Conoscere i segnali di stress termico – come spossatezza, vertigini, crampi, sudorazione eccessiva o disidratazione – e sapere come reagire, diventa un elemento essenziale di prevenzione. Le aziende devono quindi organizzare momenti formativi specifici, anche brevi ma mirati, per trasferire queste conoscenze ai propri dipendenti e per definire comportamenti corretti da adottare durante le giornate più calde.

Il protocollo insiste anche sulla necessità di dotare i luoghi di lavoro di soluzioni ambientali e tecniche che riducano l’esposizione: ventilatori, tende, gazebo, tettoie, superfici schermate, nebulizzatori o sistemi di raffrescamento sono tutte misure raccomandate, soprattutto laddove non sia possibile spostare le attività in ambienti chiusi o climatizzati.

A queste si aggiunge la possibilità – peraltro già prevista dal D.Lgs. 81/2008 – di sospendere temporaneamente le attività in presenza di ondate di calore estreme, quando la prosecuzione del lavoro comporterebbe un rischio troppo elevato. Questa sospensione, se gestita correttamente, può dar luogo all’accesso alla cassa integrazione ordinaria per eventi climatici eccezionali, secondo le modalità stabilite dall’INPS. La circolare n. 2130 del 3 luglio 2025 fornisce indicazioni operative per l’utilizzo di questo strumento, in coordinamento con le autorità regionali e locali.

 

Ordinanze locali e responsabilità diretta del datore di lavoro

Parallelamente al quadro nazionale, in molte Regioni italiane – Lombardia inclusa – sono state emanate ordinanze contingibili e urgenti che limitano o vietano il lavoro all’aperto durante le ore più calde. Tali provvedimenti sono validi per specifici settori (come edilizia, manutenzione stradale, agricoltura, logistica esterna) e si attivano sulla base di bollettini meteo ufficiali, con riferimento ai livelli di allerta 2 e 3 previsti dal sistema nazionale.

Nel caso in cui un’ordinanza vieti il lavoro tra le 13:00 e le 16:00, ad esempio, il datore di lavoro ha l’obbligo di rispettare il divieto, aggiornare la programmazione delle attività, informare il personale e organizzare le pause o la sospensione temporanea. Il mancato rispetto può configurare una violazione grave, con conseguenze sia sotto il profilo sanzionatorio che sotto quello della responsabilità civile e penale in caso di infortunio.

Questo rende indispensabile, per ogni impresa, un sistema di monitoraggio interno che consenta di tenere sotto controllo le previsioni meteo, le soglie critiche di temperatura, l’applicabilità delle ordinanze locali e l’attuazione delle misure previste nel DVR.

 

Conclusioni

Le temperature estreme, la frequenza delle allerte meteo e l’attenzione crescente degli organi di vigilanza rendono il rischio caldo un tema da affrontare con metodo, responsabilità e tempestività. I doveri del datore di lavoro non si esauriscono nella predisposizione di un DVR aggiornato, ma si estendono a ogni scelta organizzativa, tecnica e formativa che possa ridurre l’esposizione dei lavoratori ai pericoli legati al caldo.

Soterikon, presente a Milano e Melzo, affianca le imprese in questo percorso. Offriamo servizi di valutazione del rischio, aggiornamento documentale, formazione mirata, assistenza nella gestione della sorveglianza sanitaria.

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Scritto da Paolo Calderone 

Paolo Calderone

Con oltre 25 anni di esperienza nella gestione di servizi di medicina, formazione e sicurezza sul lavoro, offro soluzioni di consulenza personalizzate alle aziende che vogliono tutelarsi contro le sanzioni previste dal vasto quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro (D.Lgs 81/08).  Potete contattarmi su LinkedIn per una consulenza personalizzata e per assicurarvi che la vostra azienda sia in linea con le normative in materia di sicurezza sul lavoro. Investire in sicurezza sul lavoro non solo protegge la vostra azienda, ma anche i vostri dipendenti e la vostra reputazione.


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