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Microclima negli ambienti di lavoro e stress termico

 

Nei luoghi di lavoro è facile imbattersi in rischi che non si vedono, ma ci sono. Il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro ne individua davvero tanti a cui molte persone non pensano. Molti lavoratori, per esempio, sottovalutano i pericoli che si insidiano nei loro uffici. E' vero, lavorare a contatto con un videoterminale non è pericoloso quanto operare in quota.

Tuttavia, anche gli uffici, per quanto sembrino sicuri, nascondono delle minacce pericolose e il compito di ogni datore di lavoro è quello di procedere con un'accurata valutazione dei rischi per andare a individuare proprio tutte quelle condizioni che potrebbero portare i lavoratori ad ammalarsi o a subire infortuni.

In questo articolo ci occuperemo di un pericolo a cui probabilmente neanche tu avevi mai pensato, ma che può davvero causare malanni e problemi di salute. Parleremo infatti di microclima negli ambienti di lavoro e valutazione dello stress termico. Cosa prevede la norma? Come si migliora la qualità dell'ambiente di lavoro intervenendo sul microclima?

 

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Microclima, la definizione del D.Lgs 81 08 e la normativa

Tra i requisiti degli ambienti di lavoro salutari c'è anche l'attenzione rivolta al microclima. Esso, secondo il D.Lgs 81/08 rappresenta uno dei rischi fisici da valutare quando ci si occupa del miglioramento della sicurezza in azienda.

Riportiamo un trafiletto del documento INAIL del 2018 intitolato "La valutazione del microclima", il quale offre una definizione completa di questo termine. Per microclima si intende il complesso dei parametri climatici dell’ambiente nel quale un individuo vive o lavora.

Il microclima rientra in quelli che il Decreto Legislativo 81/08 indica come agenti fisici (il rumore, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le  radiazioni ottiche di origine artificiale, gli  infrasuoni, gli ultrasuoni e le atmosfere iperbariche).

Rientrano nel microclima le temperature, ma anche gli sbalzi termici, correnti, gli indici di umidità presenti negli ambienti di lavoro e altre condizioni relative al clima in azienda. Se il microclima si rivela disagevole per un lavoratore, è facile che questo veda ripercussioni sul suo stato di salute.

Non solo: immagina di lavorare in un luogo troppo freddo o troppo caldo. Di certo la tua produttività ne risentirebbe molto.

 

Tipi di microclima

La valutazione del comfort termico negli ambienti moderati è regolata dalla norma tecnica UNI EN ISO 7730:2006. Questa normativa si basa sulla misurazione di alcuni indicatori come temperatura, umidità, aria, corrente e molti altri parametri.

Non si tratta però dell'unica normativa a disposizione per la rilevazione dei parametri microclimatici. E' necessaria anche la normativa UNI EN ISO 7726:2002 (Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche) e la norma UNI EN ISO 7933:2005 (Ergonomia dell'ambiente termico - Determinazione analitica ed interpretazione dello stress termico da calore mediante il calcolo della sollecitazione termica prevedibile).

In base ai risultati della valutazione dello stress termico si possono individuare tre ambienti di lavoro:

  • ambiente di lavoro moderato, dove vi è equilibrio tra temperatura e organismo
  • ambiente di lavoro severo, dove invece vi è disequilibrio e non si può intervenire per cambiare la temperatura. Si possono solo adottare misure di sicurezza che migliorino le condizioni del corpo
  • ambiente di lavoro moderabile, quello dove è possibile intervenire per raggiungere una condizione di comfort.

 

Microclima e ruolo del datore di lavoro: cosa prevede la norma

 

Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di areazione

 

Il datore di lavoro è il primo responsabile della salute dei lavoratori e deve quindi adottare tutte le misure di sicurezza necessarie per garantire un microclima ottimale nei luoghi di lavoro.

Egli ha quindi l'obbligo di procedere alla valutazione dello stress termico e di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, incluso pertanto anche quello dovuto all’esposizione a microclima. A seguito di questa procedura, egli deve individuare, supportato dal medico del lavoro e dal Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, le misure di sicurezza adatte a limitare il rischio.

Il datore deve provvedere a rendere il microclima degli ambienti lavorativi il più possibile prossimo alla zona di benessere termico. E' sua responsabilità dotare l' ambiente di lavoro di un impianto di areazione funzionante e sottoposto a corretta manutenzione.

Gli impianti di areazione, così come i condizionatori e la ventilazione meccanica devono essere sempre controllati, puliti e mantenuti a un livello consono per limitare l' esposizione del lavoratore a condizioni microclimatiche non ottimali.

Se poi le situazioni lavorative lo richiedono, è necessario che il capo responsabile dell'azienda dia ai lavoratori tutti i dispositivi di protezione individuale necessari per contrastare i rischi legati alla temperatura nei luoghi di lavoro. Per esempio, egli deve dotare il personale dell' abbigliamento consono per il benessere.

Infine, il datore deve assicurarsi che i suoi dipendenti ricevano adeguata informazione e formazione su come controllare il rischio legato al microclima.

 

Disposizioni per attenuare il rischio legato al microclima

La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano, tenendo ben presente che ci sono delle attività che richiedono un certo sforzo fisico e quindi anche un maggiore dispendio di calore.

 

Linee guida per la misurazione del microclima

La normativa ISO 7730 impone delle istruzioni per la valutazione della temperatura negli ambienti di lavoro: bisogna innanzitutto misurare i principali parametri ambientali e microclimatici, ovvero la temperatura, la velocità dell'aria e il livello di umidità. Dopodiché, è necessario calcolare gli indici di comfort che sono il voto medio previsto (Predicted Mean Value, PMV) e la percentuale prevedibile di insoddisfatti (Predicted Percentage Dissatisfied, PPD).

Ovviamente quando si procede con una valutazione di questo tipo, bisogna anche tenere conto delle caratteristiche individuali del lavoratore (stato di salute, età, sesso, sopportazione dello stress termico).

A questo punto, bisogna fare una distinzione. Ci sono due metodi per la valutazione dei rischi negli ambienti severi freddi e caldi. Nel primo caso, si fa riferimento alle norme ISO 15743 e ISO 11079. Queste indicano l'utilizzo del metodo IREQ (Isolation Required, isolamento richiesto), ovvero un calcolo che porta a comprendere come dev’essere l’ abbigliamento ideale per mantenere il corpo al caldo.

Negli ambienti severi caldi, invece, è necessario calcolare l’ indice WBGT (Wet-Bulb Globe Temperature, temperatura del globo a bulbo umido). Si tratta questo del metodo più rapido per valutare l'accettabilità delle condizioni che provocano un aumento della temperatura fino a 38 °C. Nel caso di risultati troppo alti, si ricorre al metodo PHS (Predicted Heat Strain, stress termico previsto). Alcune aziende passano direttamente all'uso del PHS in quanto, in fin dei conti, nel documento Inail si fa riferimento unicamente a questo metodo e non a quello illustrato in precedenza.

 

Misure di sicurezza da adottare negli ambienti severi e moderati

Una volta appurato il livello di rischio negli ambienti di lavoro con un microclima non equilibrato, è necessario intervenire per migliorare il benessere.

Negli ambienti severi freddi, non è possibile rendere le condizioni microclimatiche più calde e quindi è necessario adottare un insieme di misure che attenuino la velocità dell'aria, l' impatto del freddo sul corpo e che consentano ai dipendenti di fare paure dal freddo. Per esempio, si può intervenire con il vestiario, con l'installazione di cabine riscaldate ecc.

Se gli ambienti sono invece freddi o caldi, ma moderabili, è possibile intervenire per contenere il rischio con impianti di climatizzazione di qualità, umidificatori o deumidificatori, infissi moderni e in grado di moderare le condizioni microclimatiche ecc.

Infine, in caso di ambienti severi caldi, il rischio non si può contenere con interventi sul posto di lavoro, ma si possono creare delle situazioni più favorevoli per la riduzione del caldo. Ad esempio, si possono accorciare i turni di lavoro, oppure installare cabine con un climatizzatore, fornire dell'acqua per evitare la disidratazione ecc.

Per maggiori informazioni sul benessere nelle aziende e la formazione in materia di salute e sicurezza della tua attività non esitare a contattarci.

 


Scritto da Paolo Calderone 

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Paolo Calderone

Professionista con più di 25 anni di esperienza maturati nell’ambito della gestione dei servizi di medicina, formazione e sicurezza sul lavoro, fornisce consulenza alle Aziende che desiderano tutelarsi da tutte le sanzioni in cui si potrebbe incorrere a causa del vasto quadro normativo concernente la sicurezza sul lavoro (D.Lgs 81/08). Docente dei corsi di formazione per le figure professionali previste dal D.lvo 81/08.


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