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Il Modello 231 non esime l’impresa dalla responsabilità dovuta alla commissione di reati

La novità più importante introdotta dal D.Lgs. 231/01 nel sistema giuridico italiano è la “responsabilità amministrativa dipendente da reato” della persona giuridica per una serie di reati puntualmente indicati dalla normativa, quando questi sono commessi da una persona fisica operante all’interno della società con lo scopo di procurare un vantaggio o nell’interesse dell’ente medesimo. Alla responsabilità penale del soggetto, autore del reato, si affianca quella dell’ente che il legislatore considera, in senso omissivo o commissivo, partecipe della condotta delittuosa.

Attraverso il Modello di organizzazione, gestione e controllo (Modello 231), l’impresa predispone una sorta di codice comportamentale indirizzato ai propri funzionari e dipendenti al fine di scoraggiare la commissione dei reati previsti dal decreto. Si tratta di un programma d’azione dettagliato in cui l’azienda delinea le procedure, la modulistica, i processi, i sistemi informatici, un codice etico che, insieme, guidano i membri dell’ente nell’espletamento della loro attività in modo corretto e ossequioso della legge 231.

Ma la mera adozione del documento non è sufficiente di per sé a tutelare l’impresa dalla responsabilità amministrativa da reato. Infatti, in una delle recenti circolari emesse dalla Guardia di Finanza (n. 83607/2012), si specifica che la società deve dimostrare di aver operato concretamente per l’attuazione del contenuto del Modello 231, predisponendo una serie di controlli e di misure atte a prevenire la commissione d’illeciti tra i propri addetti e funzionari. Si comprende bene che la sola predisposizione del Modello organizzativo non mette al riparo l’impresa, la quale è chiamata a rispondere dei reati di cui al Decreto 231 anche quando resta ignoto l’autore del fatto o questi non è imputabile.

Dalla lettera della predetta circolare emerge un’interpretazione estensiva della responsabilità individuata dal Decreto 231. L’azienda risponde, infatti, anche nel caso in cui non abbia opportunamente vigilato al fine di impedire la commissione dei reati previsti dalla norma (responsabilità di tipo omissivo). Solo nel momento in cui la società riesce a provare di aver attivato concretamente tutte le misure idonee e i controlli necessari allo scopo predetto, può vedersi esonerata dal rispondere del fatto delittuoso commesso. Questi meccanismi di esenzione trovano attuazione, poi, all’interno del contesto processuale, quando il giudice procede all’accertamento concreto delle responsabilità.

Di fatto la predisposizione del Modello organizzativo è solo il primo passo che la norma richiede all’azienda di fare sul cammino della prevenzione dei fatti di reato. Ad essa deve seguire necessariamente un’efficace applicazione di tutte le procedure previste dal Modello 231 a cui deve aggiungersi un aggiornamento costante del documento considerando le eventuali riforme legislative intervenute e le trasformazioni che nel frattempo possono subire le attività e la struttura dell’impresa. L’efficacia preventiva del Modello di gestione deve essere dimostrata mediante la sua attuazione concreta. Pertanto il contenuto del Modello di gestione adottato deve essere oggetto di un processo formativo all’interno dell’azienda in modo da essere chiaro a tutti gli addetti e ai funzionari. Infine l’ente deve attribuire ad un organismo preposto il compito di vigilare costantemente sull’operato dei soggetti aziendali. Si può quindi affermare che, nell’intento della legislazione vigente, l’esenzione di responsabilità dell’impresa si può configurare solo quando è dimostrato il suo impegno effettivo a prevenire la commissione dei reati previsti dalla normativa 231. Il legislatore non chiede all’azienda di eliminare il rischio di commissione di reati, ma di attivarsi per ridurlo fortemente.


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