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Sicurezza sul lavoro. Ecco il ddl del Ministro Speranza

Al neo responsabile del Ministero della Salute, per il quale “il lavoro non deve mai trasformarsi in morte”, preme portare a compimento la sua proposta di legge, di cui è primo firmatario. Gli obiettivi del documento sono: rafforzare l’attuazione delle norme chiarendo e valorizzando le competenze in materia di sicurezza sul lavoro; mettere in campo azioni di prevenzione operativa; garantire lavoro sicuro.

24 SET – A parte il recente concorso per 691 nuovi Ispettori del Lavoro, bandito qualche settimana fa dal Ministero del Lavoro, il vero buco di personale di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, primo rimedio per arginare infortuni e malattie professionali, si riscontra nei dipartimenti di prevenzione delle 101 ASL presenti nel nostro Paese. Su un totale di 2500 Tecnici della Prevenzione negli ambienti di vita e di Lavoro, in attività esclusiva nell’ambito di salute e sicurezza sul lavoro, ne mancano oltre 2000 – ha precisato infatti, Maurizio La Rocca, segretario nazionale dell’Unione Nazionale Personale Ispettivo Sanitario d’Italia, la più grossa organizzazione sindacale rappresentativa della categoria.
 
E pensare che già 10 anni fa veniva richiesta nella Relazione Conclusiva redatta dalla Prima Commissione di Inchiesta Parlamentare sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e morti bianche una “Rapida e completa attuazione del Testo Unico delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, con più azioni di prevenzione, contrasto e vigilanza, e rafforzamento della lotta ai fenomeni del lavoro sommerso ed irregolare, nonché dello sfruttamento del lavoro minorile, attraverso l’attivazione degli organismi di controllo, rafforzamento, coordinamento e collaborazione fra tutti gli enti istituzionali che si occupano della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, sia a livello centrale che locale.” (QS 24 luglio 2019).

Una forte preoccupazione in materia è stata espressa nel corso del primo incontro del recente tavolo di concertazione promosso dai Ministri della Salute Roberto Speranza e del Lavoro Nunzia Catalfo con le parti sociali per avviare un pacchetto di misure che affronti la questione non più differibile dell’aumento esponenziale degli infortuni mortali e non sul posto di lavoro. Al neo responsabile del Ministero della Salute, per il quale “il lavoro non deve mai trasformarsi in morte”, preme portare a compimento la sua proposta di legge, di cui è primo firmatario, “Modifiche al decreto legislativo 81/2008 e altre disposizioni concernenti la vigilanza e la sicurezza sul lavoro nonché prevenzione e assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”. Il testo, incardinato in Commissione Lavoro della Camera tre mesi fa, registra la programmazione delle ultime audizioni, che presumibilmente avranno termine per la fine del prossimo mese di ottobre.

Gli obiettivi del documento sono: rafforzare l’attuazione delle norme chiarendo e valorizzando le competenze in materia di sicurezza sul lavoro; mettere in campo azioni di prevenzione operativa; garantire lavoro sicuro.

Nella proposta di legge che sta riscuotendo numerosi consensi, tanto da prevedere la approvazione in tempi congrui, vengono indicati i seguenti strumenti: distinguere con nettezza i ruoli delle istituzioni pubbliche in campo evitando sovrapposizioni e conflitti di interesse, separando chi fa prevenzione e consulenza da chi esercita vigilanza e controllo; prevedere incentivi mirati a micro, piccole e medie imprese che investano ancor più adeguatamente in sicurezza con implementazioni organizzative e produttive che migliorino le condizioni di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, secondo indirizzi tecnici pubblici (prevenzione operativa).

Tema volto a trarre effettivi positivi dall’uso delle tecnologie e dall’industria 4.0; dare sostegno a distretti produttivi e territoriali. La prevenzione deve essere garantita con standard omogenei-nazionali ma tarata sui territori e sulle realtà lavorative; la precarizzazione del lavoro ha avuto effetti anche sulla sicurezza dei lavoratori. I neoassunti e i lavoratori precari hanno difficoltà a chiedere e pretendere formazione in un contratto di lavoro non stabile. Bisogna agevolare il contratto di lavoro a tempo indeterminato e quello stabile ai sensi dell’18 statuto dei lavoratori, abbinandoli ad una maggiore retribuzione netta del lavoratore senza aumento dei costi contributivi per il datore di lavoro; rafforzare l’organico dell’Ispettorato nazionale del lavoro per migliorare controlli e sanzioni per la violazione delle norme sul lavoro comprese quelle sulla sicurezza. Lavoro e salute costituiscono due sfide nevralgiche per il futuro prossimo dei governanti: come si saprà coniugare queste due esigenze strategiche con politiche attive concrete rappresenta il fulcro di una ricetta, che è ancora in parte da scrivere.

Secondo quanto emerge dall’ultima pubblicazione in ordine di tempo (2016) prodotta dalla Commissione Europea “La salute e la sicurezza sul luogo di lavoro sono affare di tutti”, alla base degli eventi infortunistici e delle malattie professionali, c’è sempre una insufficiente applicazione di Misure preventive e di protezione, nonché una inadeguata formazione/informazione. Un’attenzione particolare va rivolta alle misure preventive in ambito salute e sicurezza del lavoro.

Queste mirano a ridurre la probabilità che si verifichi un incidente sul lavoro o si manifesti una malattia professionale. Esse possono essere di due tipi:
1. misure tecniche o ingegneristiche, progettate per agire direttamente sulla fonte del rischio al fine di eliminarlo, ridurlo o sostituirlo; un esempio di tali misure tecniche potrebbe essere l’abbattimento di polveri con acqua nebulizzata per evitare l’esposizione alla polvere di silice;
2. misure organizzative o amministrative, destinate a modificare i comportamenti e a promuovere una cultura della sicurezza positiva. I fattori nocivi sono in gran parte legati alla natura dei processi, delle tecnologie, dei prodotti e delle attrezzature sul luogo di lavoro, ma possono anche dipendere dal modo in cui il lavoro è organizzato.

Le misure preventive, ovviamente, devono essere integrate da misure di protezione e di attenuazione. Le misure di protezione dovrebbero essere principalmente collettive. Le misure individuali possono essere considerate come un’alternativa se le soluzioni collettive non sono fattibili o efficaci.

1. Misure collettive, ideate per racchiudere o isolare il rischio, ad esempio attraverso l’uso di barriere fisiche, misure organizzative o amministrative volte a ridurre la durata dell’esposizione (rotazione delle mansioni, tempistica del lavoro, segnaletica di sicurezza).
2. Misure individuali. Qualsiasi dispositivo di protezione personale (DPI) progettato per proteggere il lavoratore. Fare della formazione, infine, come indicato, tra l’altro, a conclusione del tavolo di concertazione, sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, un successo. L’EU-OSHA ha identificato diversi fattori che possono contribuire al successo della formazione in materia di SSL:

 la motivazione e l’impegno dei quadri e della direzione nei confronti della SSL, che possono includere la loro presenza alle sedute di formazione;
– l’offerta di formazione nel contesto di un sistema efficace di gestione globale della sicurezza per prevenire i rischi sul luogo di lavoro. La formazione da sola non è sufficiente per ridurre i rischi;
 ricorrere ai colleghi, compresi i giovani lavoratori più esperti e i lavoratori esperti più anziani come tutori pedagogici. In questo modo si offre un’esperienza positiva sia per i colleghi nuovi sia per quelli più esperti;
 utilizzare metodi di apprendimento attivi e partecipativi, ad es. metodi in cui le persone imparano a riconoscere i pericoli e a risolvere i problemi di lavoro reali, in luoghi di lavoro reali;
– integrare i risultati di tali studi nel processo di valutazione dei rischi e di prevenzione in luoghi di lavoro reali. In questo modo l’esercizio è più incisivo per i giovani lavoratori ed è utile per i datori di lavoro;
 formare i supervisori, i tutori pedagogici e i formatori nel loro ruolo e in materia di SSL;
 rendere la formazione sulla SSL parte integrante della formazione permanente e dello sviluppo. Per legge, la SSL non deve essere soltanto una formazione «una tantum» all’inizio del lavoro.


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